L’innominato
Di costui non possiam dare né il nome, né il cognome, né un titolo”. È il potente bandito a cui si rivolge don Rodrigo perché faccia rapire Lucia dal convento di Monza in cui è rifugiata. In seguito a una crisi di coscienza e all’incontro decisivo col cardinal Borromeo giunge a un clamoroso pentimento, decidendo così di liberare la ragazza prigioniera nel suo castello e di mandare a monte i piani del signorotto. Il bene inizia a prevalere sul male, mentre la sua conversione diventa un esempio della misericordia divina che è anche tra le pagine più celebri del romanzo.
L’autore non fa mai il suo nome e infatti lo indica sempre col termine “innominato”, ttavia la sua figura è chiaramente ispirata al personaggio storico di Francesco Bernardino
Visconti, noto bandito vissuto tra XVI e XVII secolo e passato alla storia per la sua vita
turbolenta e criminosa, salvo poi convertirsi ad opera proprio del cardinal Federigo.
Manzoni conferma tale identificazione in una lettera a Cesare Cantù.
Viene descritto come un uomo di alta statura, bruno, calvo, con pochi capelli ormai bianchi e il volto rugoso che dimostra più dei suoi sessant’anni, anche se il suo contegno e l’atteggiamento risoluto testimoniano una vigoria fisica e un’energia che sarebbero straordinari in un giovane.
Il personaggio era protagonista già del Fermo e Lucia, in cui però era chiamato Conte del Sagrato e dove la sua storia si arricchiva di particolari macabri come quello, celebre, dell’omicidio di un uomo sul sagrato di una chiesa (fatto che dava ragione del suo nome).
Nella prima redazione, inoltre, la sua morte per la peste veniva ricordata nel capitolo conclusivo del romanzo, mentre nelle successive edizioni non se ne fa cenno.
INDIRIZZO: Via Umberto I
ILLUSTRAZIONE: Capitolo XXI
FRASE: “mutò mirabilmente vita, e per sempre”